Venerdì 29 Novembre 2019 ore 09.00
QUARTO SCIOPERO GLOBALE PER IL CLIMA! BLOCK THE PLANET #29N
🌍#29N QUARTO SCIOPERO GLOBALE PER IL CLIMA! BLOCK THE PLANET 🌍
Al giorno d'oggi il segnale lampante delle contraddizioni che attraversano il sistema capitalistico è il cambiamento climatico. Il peso di quello che è in gioco, e di quello che si rischia in toto come specie umana, come capacità di nostra riproduzione complessiva, è sempre più chiaro. Basta considerare che, oltre ogni catastrofismo, il "tempo
che resta" è sempre più breve. Per alcuni addirittura "il tempo è scaduto".
BISOGNA AGIRE!
Il cambiamento climatico è un processo complesso, costituito da tantissimi fattori di crisi di stampo ecologico e politico, più o meno profonde, che insieme formano e determinano una sola gigantesca crisi mondiale. Acque inquinate, smog, surriscaldamento dell'atmosfera,scioglimento dei ghiacciai, desertificazione, estinzione di migliaia di specie viventi di flora e fauna, esodi di massa ecc...sono solo alcune facce delle mille che ha questa dinamica in corso.
Per questi motivi da quasi un anno giovani, giovanissimi\e, studenti e
studentesse, lavoratori e lavoratrici hanno invaso le strade delle proprie città, e mettendo in pratica con originalità e creatività forme di lotta innovative, inclusive travolgenti!
La marea verde dei Fridays For Future di tutto il mondo ha sollevato e attenzionato la questione ambientale, ma sa benissimo che ciò non basta
e che la Lotta è appena cominciata! Bisognerà continuare con determinazione ad alzare la testa e la voce rivendicando il diritto di ognuno di voler continuare a vivere, a ridere, a respirare in armonia con tutto il vivente!
Quello che vogliamo come ragazzi e ragazze del Fridays For Future è
giustizia climatica, che per noi è la necessità che a pagare il prezzo
della riconversione ecologica e sistemica sia chi fino ad oggi ha
speculato sull’inquinamento della terra, sulle devastazioni ambientali, causando l’accelerazione del cambiamento climatico.I costi della riconversione non devono ricadere sui popoli che abitano nei Paesi del Sud del mondo. E siamo solidali con i e le migranti e con tutti i popoli indigeni.
Siamo i/le giovani, e non solo, contro gli attuali potenti della terra, contro le multinazionali e contro chi detiene il potere economico e politico che non stanno facendo nulla in proposito. La giustizia climatica è per noi strettamente connessa alla giustizia sociale, la transizione ecologica dev’essere quindi accompagnata dalla
redistribuzione delle ricchezze,vogliamo un mondo in cui i ricchi siano meno ricchi e i poveri meno poveri.
Cambiare sistema e non il clima non
è per noi uno slogan. Il cambio di sistema economico e di sviluppo è per
noi un tema centrale e necessariamente connesso alla transizione verso
un modello ecologico.
Non vogliamo più sussidi sui combustibili fossili! Pretendiamo
l’obiettivo emissioni zero entro il 2030 per l’Italia e la decarbonizzazione entro il 2025 passando alla produzione energetica rinnovabile e organizzata democraticamente con le popolazioni che abitano i luoghi.
Siamo fermamente contrari a ogni infrastruttura legata ai combustibili
fossili, come il metanodotto in Sardegna, la TAP. Chiediamo la
dismissione nei tempi più rapidi possibili di ogni impianto inquinante
attualmente operativo, come l’ILVA.
Vogliamo un investimento nazionale su un trasporto pubblico sostenibile,
accessibile a tutti e di qualità. Vogliamo dei trasporti a emissioni zero e necessariamente gratuiti.
Un trasporto nazionale e territoriale
che rispecchia i bisogni dei più, organizzato e pianificato secondo un
processo di coinvolgimento democratico di tutte le abitanti e di tutti
gli abitanti.
Vogliamo un cambio di rotta sostanziale per quanto riguarda il sistema
d’istruzione e il mondo della ricerca.
Esigiamo un ripensamento della didattica in ottica ecologista e che si
investa sulla ricerca riconoscendo il valore dei saperi nei processi trasformativi della realtà.
Riconosciamo la centralità di scuole e università nel processo di cambio di sistema per il quale stiamo lottando.
Non vogliamo che il MIUR faccia operazioni di greenwashing, ma
che sospenda immediatamente ogni accordo con le multinazionali e con le
aziende inquinanti.
Ci dichiariamo contrari a ogni grande opera inutile e dannosa, intesa come infrastruttura, industria e progetto che devasta ambientalmente, economicamente e politicamente i territori senza coinvolgere gli abitanti nella propria autodeterminazione.
Sosteniamo ogni battaglia territoriale portata avanti dai tanti comitati locali, come NO TAV per Val di Susa, NO GRANDI NAVI per Venezia, NO MOUS per Catania e Siracusa, NO TAP per Lecce e STOP BIOCIDI per Napoli e la terra dei fuochi, Bagnoli Libera contro il commissariamento, la lotta all’Enel per
Civitavecchia, la Snam per l’Abruzzo, il Terzo Valico per Alessandria.
Rifiutiamo ogni speculazione sullo smaltimento dei rifiuti, sul consumo
del suolo e quelle infrastrutture che causano dissesto idrogeologico.
Pretendiamo che l’unica grande opera da portare avanti sia la bonifica e
la messa in sicurezza dei territori.
Non possiamo inoltre ignorare che l’agricoltura industriale svolga un
grande ruolo nei cambiamenti climatici, nella devastazione ambientale e
nello sfruttamento delle persone: le monocolture e anche l’allevamento
intensivo sono modelli del tutto insostenibili che vanno fermate nel più
breve tempo possibile.
Non siamo disposti a scendere a compromessi, non vogliamo contrattare,
vogliamo l’attuazione di ogni nostra rivendicazione per garantirci un
futuro, ma siamo consapevoli che lo vogliamo ora, nel presente perché
non c’è più tempo!
Per questo grideremo ancora più forte per far arrivare le nostre voci e
la nostra voglia di cambiare ovunque!
Invaderemo le piazze, bloccheremo le strade, i posti di lavoro, i luoghi
della riproduzione del sapere stereotipato e asservito al sistema che
sta distruggendo i nostri corpi e i nostri territori finchè non
otterremo ciò per cui lottiamo:
🌿GIUSTIZIA CLIMATICA!🌿
Da Giovedì 28 Novembre 2019 ore 17.00 a Sabato 30 Novembre 2019 ore 01.00
DecolonisingTheAcademy
📢 Di fronte al massiccio ritorno, su scala nazionale, europea ed infine globale, di un nazionalismo dai tratti razzisti, abbiamo sentito la necessità di interrogarci collettivamente sul ruolo che le istituzioni universitarie ed accademiche possono avere in questa fase politica.
👉🏿 Riteniamo che le politiche e i sentimenti razzisti rivolti oggi contro i migranti e le migranti abbiano radici lontane, e sistematicamente rimosse dal dibattito pubblico, nella storia europea.
🙅🏾♀ L'idea di una subalternità e di un'inferiorità dei popoli che abitano nei territori da cui oggi partono le migrazioni è emersa in contemporanea con le politiche coloniali europee, e riteniamo che alcuni di questi rapporti di potere ancora influenzino gli eventi a cui stiamo assistendo in questi anni. Il nostro obiettivo è ragionare sul modo in cui questi schemi sono tuttora presenti nelle nostre università.
📚 L'università riproduce al proprio interno le disuguaglianze: lo osserviamo nel modo in cui nell'accademia italiana il punto di vista dei soggetti non occidentali è tenuto ai margini e i migranti e le migranti affrontano ostacoli crescenti nell’accesso agli studi e alla ricerca.
✊🏿 Siamo studentesse e studenti convinti che decolonizzare l’università significhi che i saperi elaborati al suo interno debbano porsi come obiettivo la trasformazione della società, decentrando lo sguardo e la posizione da cui siamo abituati e abituate a interpretarla, per migliorare le condizioni di vita di tutte e tutti.
📌 Giovedì 28 e venerdì 29 novembre saranno due giornate ricche di incontri e dibattiti in cui discutere e confrontarci collettivamente su questi temi: di seguito il programma dettagliato delle due giornate.
#DecolonisingTheAcademy
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▶ 28 NOVEMBRE
👉🏿 h. 18:00: "L'impronta del colonialismo italiano: tra ombre e rimossi" con Fulvio Cammarano, Paolo Capuzzo e Karin Pallaver.
L’incontro si pone l’obiettivo di analizzare il rimosso coloniale italiano tanto in riferimento al periodo del Risorgimento quanto al ventennio fascista, e dunque di indagare quali siano le conseguenze, oggi, di tale rimozione. Questo significa ripercorrere storicamente, nonché attraverso una prospettiva politico-economica, le vicende coloniali italiane, dalla Libia a quella che a suo tempo venne chiamata “Africa rientale Italiana”, collegando tali pratiche imperialiste al fenomeno dell’irredentismo (e quindi al mito della “vittoria mutilata”), sorta di laboratorio politico per il fascismo, che portò avanti in nome di quel mito narrazioni e azioni estremamente violente, le quali vennero poi riproposte successivamente anche nelle colonie africane, in maniera decisamente più sanguinaria e spietata.
👉🏿 h. 20:00: "La Resistenza «italiana»: multietnica, creola, internazionalista e migrante": presentazione multimediale con Wu Ming 1.
La Resistenza «italiana» non è un’epopea solo nazionale e nemmeno solo bianca. Nella nostra guerra di liberazione combatterono partigiani di oltre cinquanta nazionalità e da ogni continente. La Resistenza al fascismo italiano cominciò nelle colonie d’oltremare e vi presero parte anche italiani. La Resistenza italiana
si ispirò a quella jugoslava e in «Venezia Giulia» cominciò ben prima dell’8 Settembre. Partigiani italiani combatterono in Jugoslavia, Albania, Grecia, Francia, Belgio… Cosa ci ha impedito, per tutti questi anni, di vedere la Resistenza «italiana» come una guerra internazionalista, anticoloniale e senza confini? Come una
guerra meticcia?
📷 h. 21:00: Aperitivo sociale e presentazione della mostra "Five Degrees - How climate change is influencing India's farmers suicides" con Federico Borella.
Il progetto tratta il delicato tema dei suicidi tra gli agricoltori dovuti alla siccità nello stato del Tamil Nadu, nel sud dell’India, e si basa su uno studio dell’Università di Berkeley, che mette in relazione il cambiamento climatico con l’aumento dei suicidi tra i lavoratori dei campi agricoli indiani.
Federico Borella è un fotogiornalista freelance premiato come fotografo dell'anno al Sony Awards 2019. Pubblicato a livello internazionale, Federico ha più di 10 anni di esperienza come fotografo di notizie e reportage, lavorando sia per riviste che per agenzie e per pubblicazioni nazionali ed estere, tra cui Newsweek, Time Magazine, CNN, Stern, Days Japan, XL Semanal, National Geographic USA, NZZ, Alpha Magazine, Magazinet Norvegia, Aftenposten, Dagens Nyether.
🏁 h. 22:00: Dj Set SKA!
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▶ 29 NOVEMBRE
👉🏿 h. 18:00: "Femminismo decoloniale: critica, solidarietà, conflitti"
con Marie Moïse e Renata Pepicelli, modera Marta Boulanger.
Il tentativo di neutralizzare ogni conflitto di genere, razza e classe è una delle armi principali a disposizione del capitalismo oggi: rispetto alla più aperta repressione, la scelta di tentare di addomesticare istanze femministe e di indebolirne il portato rivendicativo è più subdola, ma non meno pericolosa. Abbiamo assistito infatti in tutta Europa alla messa in campo di una precisa strategia politica da parte delle frange più radicali delle destre, ma anche da parte della sinistra neoliberale. Una strategia che fa un uso strumentale delle battaglie dei femminismi e silenzia ogni conflitto, rendendo oggetti passivi della retorica securitaria le donne e prendendo parola al loro posto. Il risultato di questo processo è una narrazione tossica intrisa di razzismo, che contrappone il maschio bianco liberatore all'immigrato che stupra e opprime. In questa creazione hanno avuto un ruolo fondamentale i saperi dell'accademia, in cui solo di recente, grazie alla scomoda entrata in scena di alcune voci fuori dal coro, alcuni stereotipi e concetti profondamente razzisti sono stati messi in discussione. Attraverso un'analisi serrata e un approccio radicalmente antirazzista, anticapitalista e femminista ripercorreremo alcuni filoni fondamentali della storia del femminismo decoloniale e cercheremo di trovare delle linee guida per trasformare la riflessione in reale cambiamento di tutta la società: in che modo un'interconnessione delle lotte può essere strumento di liberazione? Perché smascherare l'oppressione congiunta di patriarcato, razzismo e capitalismo può essere il primo passo per una reale presa di posizione contro l'ordine costituito?
👉🏿 h. 20:00: "Un mondo senza frontiere: migrazioni, razzismo e confini europei" con Gabriele Proglio, Sandro Mezzadra e Maurizio Ricciardi.
L'incontro vuole analizzare il nesso esistente tra le politiche migratorie europee e la struttura sociale ed economica del continente europeo e, nello specifico, della penisola italiana. Nel corso degli ultimi anni, l'attuale regime dei confini europei è diventato la maggiore espressione di ciò che più voci hanno definito
"necropolitica", una forma di politica direttamente responsabile della morte di migliaia di esseri umani. Ma ad essere minacciata non è solamente l'esistenza fisica delle donne e degli uomini che partono alla volta dell'Europa. Il radicale smantellamento dei sistemi di accoglienza e le crescenti restrizioni al riconoscimento di permessi di soggiorno e richieste di asilo e di protezione hanno aumentato la subalternità delle soggettività migranti, esponendoli a gradi maggiori di ricattabilità e sfruttamento sul lavoro. Qual è quindi la
strategia complessiva che ha ispirato le politiche migratorie, italiane ed europee, in questi anni? Allo stesso tempo, i confini europei sono stati al centro di un dibattito e di una rappresentazione mediatica
estremamente polarizzati, che contrappone da un lato il Ministero degli Interni e dall'altro gli interventi umanitari che hanno luogo nel Mediterraneo, rimuovendo troppo spesso le biografie, il protagonismo e le pratiche di queste donne e di questi uomini nello sfidare le frontiere che vorrebbero ostacolare la loro libertà di movimento. Com'è possibile costruire una narrazione efficace partendo da questi elementi, e tradurla in pratiche di solidarietà nei territori e nelle città?
🎙 h. 22:00: Concerto live del Laboratorio Sociale Afrobeat.